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Michael Green, la forza potente del segno.

A Casteggio la Galleria d’Arte Sforzini presenta il meglio della recente produzione del Maestro dell’Astrattismo

 

CASTEGGIO – Viveva a Soho, quando ancora era il quartiere degli artisti d’avanguardia, era amico di Mark Rothko e del grande espressionista astratto William Baziotes, e frequentava regolarmente Andy Warhol e la sua Factory. Ne ha viste (e ne ha fatte) di cose Michael Green e oggi, a ottantatrè anni suonati, ha ancora la stessa energia di allora, che pervade ogni sua tela. “Michael Green è un grande dal cuore semplice, capace di spiegare un universo artistico con parole chiare, con semplicità; le sue opere hanno una forza e un’intensità che colpisce anche uno spettatore distratto”, dichiara il gallerista pavese Luca Sforzini, che da nemmeno un mese ha iniziato una stretta collaborazione col celebre artista d’Oltreoceano, epigono dell’astrattismo, entrato così a pieno titolo nella “scuderia” della Luca Sforzini Arte, Galleria d’Arte italiana ed internazionale. “È un onore – continua il gallerista – poter lavorare con un artista del calibro di Green, maestro astrattista di levatura internazionale, presente nelle aste e nelle gallerie internazionali più prestigiose, che conta (tra le altre cose) di avere sei opere nella collezione permanente del British Museum di Londra e altrettante all’Imperial War Museum e all’Indiana State University”. Per celebrare questa nuova alleanza, Sforzini ha organizzato una mostra (nella sede di via Porro 2, a Casteggio) con il meglio della recente produzione di Green. L’artista, che molti considerano a torto americano o inglese, in realtà nasce (nel 1929) a Nyasaland, nell’Africa Orientale (attuale Malawi), all’epoca parte dell’Impero britannico, dove trascorre l’infanzia prima di rientrare in  Inghilterra per l’educazione scolastica. A ventitrè anni si trasferisce a New York, e lì diventa un pittore professionista, dedito all’astrattismo. Stabilisce il suo primo studio a Soho, il celebre quartiere situato fra Greenwich Village e Chinatown, divenuto uno dei più attivi centri internazionali di arte contemporanea. Con un gruppo di altri artisti acquista due magazzini prefabbricati, li ristruttura e li adibisce a studio e galleria d’arte, combattendo una lunga battaglia legale con il comune di New York, per ottenerne il possesso legittimo. Negli stessi anni si ritaglia un secondo studio in Italia settentrionale, nell’entroterra ligure, preservando così un’influenza “europea” nella sua pittura. Nel 1986 lascia lo studio di New York e torna a Londra, dove si stabilisce in una vecchia fabbrica di biscotti per cani sul Tamigi. Lì comincia a produrre anche sculture. Il suo chiodo fisso (come astrattista) per quarant’anni è stato lo spazio: lo spazio della mente, un’infinità intellettuale. Mancando nella sua pittura i tradizionali riferimenti spaziali naturali (cielo, prospettiva, orizzonte), Green necessita di alternative idiomatiche. Da qui nasce la sua “Bridge Series” (“Serie dei Ponti”), dove il “ponte” metaforico è il suo schema spaziale, volto a creare la tensione che nella realtà è intrinseca ad ogni ponte concreto: spazio, struttura e tensione. Negli stessi anni comincia inevitabilmente a produrre anche sculture, perché lo spazio è automaticamente intrinseco alla tridimensionalità della scultura. L’attuale “Painted Drawing Series” (“Serie dei Disegni Dipinti”), presente anche in mostra, cerca di coinvolgere più direttamente l’osservatore col suo lato creativo tramite movimenti pittorici emozionalmente intensi.
Nel 2012 Michael Green registra la sua parte di “Artists’ Lives” (“Vite d’Artisti”) per il progetto della British Library: una lunga intervista (20 ore di registrazione) in cui racconta personalmente la sua vita d’Artista per gli archivi permanenti della British Library e della Tate Gallery. Per informazioni e orari, tel. 331-4125138  –  www.lucasforziniarte.it .

 

di Chiara Argenteri

La Provincia pavese 21.11.2012 pag.41 – ARTE